AMG International e Chauvet Professional al Kappa FuturFestival 2023

Kappa FuturFestival 2023: un’edizione da record, con i Rogue Outcast 2 Beam

Il Kappa FuturFestival è uno dei festival di musica elettronica più grandi e spettacolari al mondo, e sicuramente quello più importante d’Italia; una posizione conquistata anno dopo anno grazie alla partecipazione dei più famosi DJ del panorama techno house internazionale; ma grazie anche alla location veramente unica: il Parco Dora di Torino.
Una vasta area post-industriale in cui convivono il nuovo – gli spazi rimodellati in funzione delle esigenze di vivibilità e fruibilità contemporanee – e i reperti degli ex impianti produttivi di Fiat e Michelin, dismessi qualche decennio fa; come le alte torri di raffreddamento in cemento, o gli iconici piloni metallici di sostegno pitturati di rosso; simboli di uno spazio in continua trasformazione che non rinnega il suo passato.

Il Kappa FuturFestival 2023 (dal 30 Giugno al 2 Luglio) è stata l’edizione dei record: 44.000 mq di spazi destinati alla musica e a tutti i servizi a supporto di un pubblico mai così numeroso (il target era di 95.000 presenze), 36 ore di musica diffusa dai più famosi DJ, e ben cinque palchi ad ospitare i loro DJ set.

Abbiamo chiesto a Giovanni Ricciardi – responsabile lighting del KFF23 e progettista del setup illuminotecnico di tutti i palchi – di raccontarci come è stato creato questo evento così unico; e un suo giudizio sulle teste mobili Rogue Outcast 2 Beam by Chauvet Professional, che ha utilizzato sui due stage principali del festival (46 sul ‘Nova’ e 32 sul ‘Voyager’).

Il processo creativo.

“Ho collaborato per diversi anni con Kappa Futur Festival, come operatore; dall’anno scorso sono stato coinvolto nella produzione dell’evento, e da quest’anno sono a capo di tutta la parte di lighting, progettando il setup illuminotecnico per tutti e cinque i palchi.

Mi occupo inoltre di co-direzione tecnica, al fianco di Andrea Moi: insieme abbiamo provato, per la prima volta, a portare un approccio diverso ai disegni di tutti gli stage (soprattutto il Nova e il Voyager) fondendo l’arte moderna, il mondo install e l’universo dello spettacolo.

In fase di pre-produzione collaboriamo con un’agenzia esterna, che crea su nostre indicazioni le bozze di disegno dell’impianto scenico. Noi le prendiamo e le facciamo nostre, modificandole nella maniera più consona al festival.
Finita questa prima fase, inizio ad immaginare la quota luminosa. Il processo è abbastanza simbiotico: mentre disegniamo l’impianto scenico so già quali siano le posizioni migliori per i corpi illuminanti.

Una delle vere necessità – soprattutto per il palco Voyager – è stata avere delle macchine totalmente IP; in altri contesti puoi provare a coprire i proiettori, in quella situazione no. 

La scelta del Rogue Outcast 2 Beam.

Venendo da un mondo prettamente tecnico, mentre disegno per un evento di questo tipo, con una durata estesa su più giorni, mi pongo anche domande relative ai dettagli costruttivi/strutturali dei prodotti, oltre che a quelle illuminotecniche: installare delle macchine importanti, ma che rischiano di non arrivare al secondo giorno in caso di meteo avverso, non è una scelta corretta.

Vivendo la maggior parte del nostro tempo impegnati in eventi outdoor, abbiamo la necessità di confrontarci sempre con questo tipo di dinamiche, fortunatamente adesso cominciamo a vedere delle macchine IP che non scendono a compromessi. Negli anni passati, le poche macchine IP sul mercato sacrificavano una bella parte della potenza luminosa. 

Avevo chiesto a Mirko Vinciguerra di AMG International un certo corpo illuminante, un Beam importante come spinta, IP, e lui mi ha proposto il Rogue Outcast 2 Beam di Chauvet Professional; un proiettore che del resto ero molto curioso di provare.

Sono contento di avere accettato, e sono rimasto molto stupito, perché è una macchina IP65 che nel suo segmento sicuramente ha molto da dire.

Sono realmente colpito dalla sua performance, forse condizionato delle esperienze con le macchine stagne del passato; insomma, non mi aspettavo tanto output, e sono super contento; e ti dirò un’altra cosa: per essere un Beam, il frost mi ha veramente stupito, è molto, molto bello.

I palchi.

Pur con tutte le difficoltà relative ai vari aspetti dello stage management (Kappa Futur Festival non è solo DJing “classico”, abbiamo cambi palco e consolle importanti fino ad arrivare ai live suonati, su alcuni palchi), abbiamo spinto per avere delle forme un po’ particolari.

Il Nova e il Voyager sono i palchi più ispirati alle installazioni moderne, considerando appunto la loro forma poco convenzionale.

Tutto quello che c’era sul Nova era pensato per abbracciare e sottolineare le sue forme curve; la suggestione che si voleva creare, anche giocando con i posizionamenti delle due fasce di Ledwall, era quella di avere un palco con una volumetria quasi cilindrica nonostante fosse aperto, e le macchine sono state disposte secondo questo criterio.

Ti dicevo del frost perché quando sul Nova (insieme all’operatore Emanuele Mantovani) abbiamo deciso di usarlo per creare dei volumi, far perdere la percezione dimensionale e calare l’artista in uno spazio senza limiti “netti”,  i Rogue Outcast mi hanno sorpreso! Le proiezioni erano presenti e d’impatto, tuttavia molto delicate, nonostante sia una macchina nata come Beam.

Sul Voyager invece, li ho utilizzati per sottolineare la verticalità di quel palco, che ha l’aspetto di un vero monolite; la torre, vista in pianta, è un quadrato ruotato di 45°.

Le teste mobili erano montate su braccetti lungo gli spigoli e sottolineavano tutta la parte verticale dello stage. Abbiamo poi deciso, insieme a Maicol Trezzi - l’operatore che ho scelto per il Voyager-  di aggiungerli anche sul profilo basso del palco; perciò un’installazione che fondamentalmente sottolineava i profili della torre e della parte bassa dello stage.

Usandoli con degli effetti di ‘fly out’, ho provato a staccare questo elemento verticale monolitico dal pavimento, a dare una sensazione di movimento verso l’alto; una verticalità estrema che riprende la fisionomia del Parco Dora, una ex acciaieria con delle strutture alte fino a 30 m lasciate intatte.
L’idea era quella di inserirmi, con la luce, nel contesto esistente, di provare a recuperare altezza e portare questo palco verso il cielo. Perciò ho voluto quei beam sui fianchi e li ho impiegati usando molto più il tilt che il pan; questo anche grazie al fatto che avevo a disposizione un fascio molto luminoso, anche nelle ore diurne; il festival vive da mezzogiorno a mezzanotte, quindi buona parte dello show è in condizioni di daylight o quasi; il fatto di avere tanto output mi ha sicuramente aiutato.

Tenuta in considerazione la selezione degli artisti per quel palco abbiamo optato per tracciare l’aria con delle linee solide, per sfruttare al massimo il punch delle macchine.

La programmazione.
In questa edizione non ho personalmente programmato tantissimo; il tempo per me era poco, perché quest’anno ero anche il vice-direttore tecnico, e avevo una serie di tematiche da seguire, non strettamente legate al lighting design. Per questo, mi sono rivolto a professionisti di cui mi fido molto a livello di operatività.

Ho preparato per i cinque palchi una serie di moodboard, immagini, suggestioni che riassumessero le sensazioni che provavo per ciascuno stage, e come avrei voluto rappresentarle, e i miei operatori hanno provveduto a concretizzarle in programmazione.

Date le set list da vero festival, ovviamente non avevamo degli show strutturati, programmati nella classica forma di sequenze di cues; il light show era live, tutto in busking, con i blocchi che gli operatori avevano preparato ed “assemblavano” in tempo reale.
Tutti i palchi erano in sync costante con la musica (odio che ci siano effetti fuori tempo); il banco faceva il tap dei BPM in tempo reale; gli effetti del light show erano costruiti usando un sistema di macro, Speed Master, Rate Master.

La collaborazione, l’interazione (e l’integrazione) con il comparto video quest’anno sono state fondamentali, il collante fotografico degli show sono state le scelte (di colore e di mood in generale) condivise tra il reparto Lighting e quello Video, e triggerate a livello di colore dalle nostre console luci; il tutto passava da momenti di mapping video sulle luci quasi totale, a “neri” di video per lasciare spazio alla luce, uno storytelling diverso per ogni show, pensato per trasportare l’audience in una dimensione parallela.

Il Rogue Outcast 2 Beam.

A livello di output assolutamente nulla da dire: il Rogue Outcast 2 Beam è molto luminoso.

I colori fanno il loro lavoro, e il frost mi ha veramente sorpreso.

A livello di affidabilità, evidentemente parliamo di un prodotto molto interessante: le macchine sono rimaste accese 12 ore al giorno per 3 giorni, a 38° di media; ha piovuto, hanno preso tutta l’acqua, e non se ne è spenta una.

Sono super contento.

Stiamo già pensando al Kappa Futur Festival 2024; il Nova rimarrà più o meno simile; il Voyager invece dovrebbe avere un pò di evoluzioni. 

È molto probabile che usi di nuovo i Rogue Outcast, perché sono la soluzione ideale, per le caratteristiche che ti ho detto e per la protezione IP65; al momento non so quanti altri concorrenti ci siano.”

Evento: Kappa FuturFestival 2023.

Location: Parco Dora, Torino.

Responsabile lighting e Progettista setup illuminotecnico: Giovanni Ricciardi.

Operatore Palco ‘Nova’: Emanuele Mantovani.

Operatore palco ‘Voyager’: Maicol Trezzi.

Service: AMG International.

Giovanni Ricciardi, Bio.
Giovanni Ricciardi, classe 1987, profondamente appassionato dall’informatica sin da piccolo, accosta da sempre l’amore per la luce e la tecnologia.
Già da adolescente inizia ad affiancare operatori nell’ambito dello spettacolo, con uno sguardo sempre molto attento verso il mondo delle luci.
Terminato il liceo scientifico, nel 2006 decide di lasciare la sua terra e di trasferirsi a Torino iscrivendosi alla facoltà di Informatica, diventando “attivista” Linux e partecipando allo sviluppo di diversi progetti in ambito internazionale.
Contemporaneamente, inizia un percorso di studio personale sul lighting design che lo porta a farne la propria professione.
Il primo grande lavoro arriva con l’artista Youssou N'Dour per il quale fa l’operatore luci local. Da lì in poi è un susseguirsi di tournée, fiere, eventi privati top tier, festival. Tra questi, i più rilevanti Club To Club, Kappa Futur Festival, Collisioni, Movement, tutti gli eventi di Ferretti Yachting.
A partire dal 2017 diventa lighting designer residente e direttore tecnico presso OGR – Officine Grandi Riparazioni di Torino, occupandosi della produzione e lighting design di artisti del calibro di Chemical Brothers, Elisa, Kraftwerk, New Order, Giorgio Moroder, Pixies e diversi altri. Condivide la GrandMA con Marco De Nardi nella progettazione e programmazione del lighting show di San Giovanni 2018 a Torino e in fase di setup e programmazione del nuovo impianto illuminotecnico dell’Allianz Stadium.
Nel campo della moda, si occupa di lighting design per le sfilate di Prada, Moschino, MSGM ed altri marchi, sia durante le fashion week che seguendo progetti in Medio Oriente, prevalentemente Qatar e UAE in generale.
Dal 2021 direttore tecnico e di produzione di eventi di alto profilo, per citarne alcuni : Humanlands (presentazione candidatura della città di Roma ad host di Expo2030 presso il Colosseo), Kappa Futurfestival, ISU Grand Prix of Figure Skating 2022, Final Four di Basket di Eurolega , vari eventi per conto di Gedi.
www.bluefaith.it

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